Prima Pagina
Album
Arabesque
Cassetto
Libreria
Links
Note a margine
Scrivici


Le mani nel cassetto del Chichingiolo
A pagina 12
13
A pagina 14

Rientrata dal suo trekking in Africa Occidentale, la Nostra Inviata Speciale questa volta, rubandolo al suo diario, ci invia un "pezzo" sulla vacanza (1964) a Mersa Cub Cub, di cui faceva cenno nell'intervista al cuoco ... (Vedi cassetto n. 7). Mersa Cub Cub era la Massaua dei cherenini, che forse pochi conosceranno, ma è pur sempre un angolino della nostra Africa ...

 
 
 
Una pagina di diario

 

Le "Merse" sono come fiordi che si susseguono lungo la linea della costa. Forse sono il letto di antichi fiumi o forse sono crepe della crosta terrestre dentro cui l'acqua del mare si è potuta riversare. La loro posizione sulle carte è segnalata male e alcune, che forse non sono mai state esplorate, non vengono neppure riportate.

Il viaggio fu lungo, percorrendo prevalentemente piste ed il luogo preciso non saprei identificarlo, sicuramente a nord di Massaua, verso il confine sudanese. Il mar Rosso, sempre splendido, apparve finalmente in tutta la sua bellezza quando ormai eravamo veramente stanchi dal viaggio in Land Rover. Ci eravamo dovuti portare tutto: viveri, benzina, nafta, ed anche una piccola autobotte di acqua dolce. A Mersa Cub Cub si abitava nelle comode capanne in legno e paglia, le racube. Dentro c’era tutto l'indispensabile, incluso un vecchio ma efficiente frigorifero a nafta, che fu immediatamente messo in moto per la conservazione dei viveri, per assicurarci bibite fresche e per produrre il ghiaccio. Al mattino si partiva con il motoscafo per pescare, a traino. Quindi si consegnava al cuoco il pesce fresco, che veniva pulito e cucinato, mentre noi si nuotava e si prendeva il sole. Fu proprio in quell’occasione che imparai a nuotare.

Seguiva l’aperitivo, l’immancabile zibib o mastika, accompagnato dal mezé, stuzzichini a base di tartine con salamino, tonno, formaggio. Quindi la siesta dopo il pranzo a base del pesce pescato, all’ombra dell’ampia veranda che circondava la racuba. La calura pomeridiana avvolgeva totalmente cose e persone, fiaccando ogni tentativo di vitalità. Qualche grido di gabbiano, il ronzio dei mosconi, entrambi attratti dai resti del pescato, ed il pigro e lento brusio del personale che, accosciato in semicerchio, beveva il chai sul retro della racuba, erano gli unici rumori che si confondevano con l’altrettanto lento e pigro scialacquio delle onde sul bagnasciuga. Poi la calura lasciava il posto ad un piacevole alito di vento ed il campo si svegliava. Allora si andava fino ad un moletto a pescare per la cena.

La spiaggia era abitata da numerosissimi paguri o “rubacasa” come li chiamavamo noi. Sono dei crostacei con dieci zampe e proteggono il loro addome nudo e molle entro conchiglie vuote di molluschi gasteropodi. Curiosi e divertenti con i loro occhietti vivaci, sono degli ottimi camminatori. Infatti la spiaggia é tutta segnata dal loro passaggio, specie al mattino quando appare come ricamata dal loro laborioso camminare notturno. Essi costituivano l’esca ed il guardiano del campo, un rashaida dall’aspetto nobile e remoto, ci aveva insegnato ad estrarli dalle conchiglie posizionandoli contro vento, oppure posandoli vicino ad una brace. Il calore li faceva uscire dalla conchiglia lasciandoli vulnerabili, con il grosso corpo molle che costituiva, appunto, l’esca per il pesce. Dopo il moletto vi erano le dune: collinette di sabbia con un lato - quello più riparato dal vento, che precipitava ripido. Era divertente arrampicarci dalla parte più tonda e collinare e scivolare giùdalla parte ripida. Durante questi giochi la sabbia aveva il sopravvento: i costumi, naso, occhi ed orecchie ne erano pieni e quindi ancora un bagno, una nuotata fino al tramonto del sole. Intanto al campo si cominciava a preparare la cena, si accendevano i lumi, i petromax, si accendeva il fuoco.

Una stuoia faceva quadrato attorno ad un ingegnoso recipiente dove, tirando una cordicella, riuscivamo a fare la doccia di acqua dolce. Razionata, ma sufficiente per togliere la salsedine. Poi, dopo la conversazione piacevole che seguiva la cena, si portavano sulla spiaggia gli angareb, i letti rustici fatti con un telaio in legno incastrato in quattro paletti che costituivano le gambe, sul quale era intrecciata una fitta rete di corda d’agave. In alcuni angareb la “rete” era fatta con l’intreccio di sottili strisce di cuoio. L’opera era totalmente artigianale, per cui l’irregolarità di ciascun giaciglio lo rendeva unico. Sull’ angareb venivano messi dei sottili freschi materassi di crine e le lenzuola. Ai piedi del letto, una bacinella di acqua di mare per sciacquare i piedi prima di coricarsi ed evitare così la spiacevole compagnia della sabbia sulle lenzuola.

La notte di Mersa Cub Cub era calda ed il cielo era vicinissimo, quasi si poteva toccarlo protendendo le dita verso l’alto. Naturalmente la sveglia era determinata dal sorgere del sole. Invano si tentava di prolungare il sonno, perché molto presto il sole avrebbe picchiato inesorabile, facendoci desiderare di immergerci in quell’acqua incredibile del Mar Rosso, il Key Bahr, ancor prima di fare colazione. Alcune volte, verso il tramonto, si andava a Mersa Ibrahim, a “caccia” di granchi. Vivevano numerosi tra la fitta vegetazione di mangrovie. I granchi andavano presi seguendo un preciso principio di fasi lunari - quali non ricordo - che ne garantiva la pienezza delle carni. La corsa in Land Rover lungo la pista sabbiosa era resa più eccitante dall’incontro di branchi di gazzelle color caffèlatte con il ventre candido che, al nostro avvicinarsi, si allontanavano con uno scarto collettivo, agili ed elegantissime.

E poi fu la volta del rientro: sull'altopiano cominciavano le piogge e al mare il clima cominciava a diventare troppo umido. Durante il viaggio di ritorno ricordo i progetti per la vacanza successiva, che però non si realizzarono mai. Ci tornerò? Chissà.

Daniela Toti
Settembre 2003

 

 

Ciao Daniela,
ho scoperto "Il Chichingiolo" quasi per caso il giorno della vigilia del Natale appena trascorso (2009, n.d.C.) e, per un cherenino come me, non puoi immaginare che emozione!!!! il Chichingiolo compie proprio dei piccoli miracoli! Mai avrei immaginato di ritrovare dopo così tanto tempo amici e amiche del passato con i quali ho vissuto esperienze così belle e "magiche"; mi sembra veramente un sogno… Da allora è stato un susseguirsi di scoperte e di emozioni: tanti fili rimasti recisi si stanno riannodando… dalla sabbia riaffiorano conchiglie bellissime che giacevano sepolte e dimenticate!

Quando poi ho letto questa tua "Pagina di diario", mille ricordi mi sono tornati alla mente: quasi sicuramente non ti ricordi di me, anzi dovrei dire di noi, visto che quell'anno (1964) a Mersa Gul-Bub eravamo un nutrito gruppo tra cherenini (noi) ed asmarini (voi): della mia famiglia quell'anno c'erano (forse qualche errore ci può stare, visto il tempo che è passato!…) i nonni De Ponti, gli zii Aurelio e Pierluigi (Gughi) De Ponti con i cugini Luciano e Renzo, mia mamma Luciana De Ponti - Verdacchi, le mie sorelle Alba e Silvana, mio fratello Alessandro ed io.

E poi c'erano, sempre nella nebbia dei miei ricordi, delle persone di Asmara, tra le quali gli amici delle mie sorelle e altri amici di famiglia… nel complesso un nutrito e folto gruppo di vacanzieri!
Come te ho ancora impressi dei piccoli particolari di quella vacanza che non scorderò mai: la doccia con quella sorta di annaffiatoio con la cordicella, i ruzzoloni giù per le dune mettendosi a due a due reciprocamente con la testa tra le ginocchia del compagno di giochi per rotolare meglio, i rifornimenti di acqua dolce-salmastra per la doccia ai pozzi di Barattolo, i pesci (per lo più barracuda) pescati dalla barca al traino, i monticelli di gamberetti e pesciolini lasciati la mattina dai Rasciaida sulla spiaggia (loro sempre con il velo davanti alla bocca…), l'escursione a Mersa Ibrahim di notte con i secchi per i granchi e i polipi, e poi la prima mattina a seguire i percorsi lasciati dai paguri sulla sabbia "cancellata" dalla brezza notturna, e a cercare le mille conchiglie colorate sparse a perdita d'occhio… e poi ancora la "chiccià" cotta sulla pietra, i petromax e il frigorifero a petrolio, il molo, la casa dei Barattolo (l'unica in legno: le racube erano molto meglio, anche se la notte si sentivano camminare i granchi sui teli in plastica), mi ricordo di una bambina (e, ma non ne sono sicuro, anche di un bambino) che giocavano con noi: eri forse tu?
Sarebbe meraviglioso!!!
A presto!

Antonio Verdacchi
Gennaio 2010

 

 
A pagina 12
13
A pagina 14