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BRUNA VIOLA
arie@telkomsa.net

Pagine dei diari di Bruna


La gelosia di mio padre verso le figlie femmine era famosa in tutta Asmara! Per questa ragione a un certo punto si rifiutò di portarci a Gurgusum, luogo pieno di "maschi" e cominciò a fare camping sulla non troppo famosa spiaggia detta di "de Paoli" non sò perché. Quindi caricavamo tenda e lettini, cucinino, ecc. ecc., tutto per 8 persone! (padre, madre 5 figli più nonna) e si partiva ... dimenticavo scorta di acqua, perché in quella spiaggia c'erano solo granchi e per giunta verdi!
Era permesso solo a pochi intimi piantare la tenda vicino a noi, gente che come lui amava la solitudine più nera!
Ma veniamo al Diario di " DePaoli". Siamo nel 1971.

Venerdì ... Abbiamo piantato la tenda, c'è un vento terribile e la sabbia ci vola addosso da tutte le parti. Marcello ride perché mamma ci ha detto "con la scorta di acqua dolce che abbiamo dovete farvi solo che il bagno in mare". Papà continua a ripetere che il sale fa molto bene alla pelle e che anche i capelli ne avranno beneficio. Ma tanto lo so che fra due giorni sembrerò Maga Magò. E per farli stare giù dovrò bagnarli in continuazione. Pazienza, tanto chi mi vede i "pescicane?"
Meno male abbiamo portato Manghestap. Ha montato tutte le brandine sono stanca morta.
Alle 5 è arrivato De Perzio. Almeno giochiamo con Fulvio e Claudio. Ma Fulvio mi sta antipatico fa un sacco di dispetti. Il più simpatico della famiglia è il papà, parla romano è dice un sacco di parolacce e mio papà diventa rosso!
Buonanotte.

Sabato ... oggi è il secondo giorno e mi sono già stufata. Abbiamo fatto il bagno ma ci piacerebbe andare a Gurgusum a vedere se ci sono i Fratelli della Salle con i ragazzi. Magari la sera ballano sulla rotonda, da qui non si vede nulla sono oltre lo scoglio. Marcello ha detto che quando avrà la moto mi porterà sempre con lui, ma io non ci credo, sta sempre con Maurizio Ferro, e mi sta antipatico pure lui. Meno male sono arrivati i Giampiccolo. Solo Pina mi capisce perché il suo papà è siciliano e quindi è molto geloso. Ma il mio papà non è siciliano! è solo geloso.

Lunedi ... che paura! siamo salvi per miracolo. Sabato notte si è alzata la marea. Papà ha messo la tenda troppo vicino al mare. Durante la notte abbiamo sentito le onde sbattere contro la tenda e dopo un po' l'acqua entrare e passare sotto le brandine. Mamma aveva Massimo in braccio e pregava, pregava, Papà diceva: tranquilli non succede niente solo un po' d'acqua, dormite che domani mattina sistemiamo tutto. Ha chiesto a Manghestap di dormire con un braccio a penzoloni così ci avvertiva se il livello dell'acqua saliva ... Manghestap rideva anche lui. Ma noi non abbiamo dormito per niente. Abbiamo sentito De Perzio che urlava "Huldù ... perchè hai pisciato nella tenda!!" Io e Marcello ci siamo ammazzati dal ridere. Ma mio padre gli ha chiesto di non bestemmiare, dato che nella nostra famiglia non se ne era mai sentito! Quando la mattina ci siamo alzati la nostra tenda era in mezzo al mare e le pentoline di allumio gallegiavano dentro ... le valige erano tutte bagnate e si era bagnata anche la carta igenica. Che tragedia. Siamo usciti fuori e le altre due tende dei nostri amici era lontane ... e noi non riuscivamo a smettere di ridere. Ma mia madre ha litigato tutto il giorno con mio padre perché non aveva voluto spostare la nostra tenda!

Questo campeggio è stato molto divertente.


Il Chichingiolo confessa che non ha mai avuto gran passione per le feste e Halloween non fa eccezione. O meglio, non ne faceva fino a ieri sera. Infatti, il 31 abbiamo bussato alla porta di Elvira per un saluto. Tradita molto probabilmente dal clima festaiolo che si respirava in città, ci ha evidentemente scambiati per una maschera dell'horror (e la cosa ci fa assai pensare ...) perché, senza battere ciglio, ci ha consegnato un rotolino di carta legato con un nastrino rosso e ha chiuso frettolosamente la porta. Per un attimo siamo rimasti quanto meno interdetti ma non abbiamo osato ribussare perché il risultato non sarebbe cambiato e così, girati i tacchi, ce ne siamo tornati a casa. Qui abbiamo tolto il nastrino e cominciato a leggere. Un bello "scherzetto", niente da dire, che però si rivela subito un "dolcetto" di ottima fattura. Ora sappiamo che la Grande Zucca c'è e ne siamo i suoi più convinti profeti. Grazie Elvira.

ALI' GEBELI'

Dal cassetto dei miei ricordi è venuto fuori, a sorpresa, lui: il Gebelì. Chi se lo ricorda? "Gebeli" era il termine generico con cui veniva comunemente "ribattezzato" il proprietario musulmano del negozietto, che sorgeva solitamente all'angolo, in periferia, e che vendeva di tutto un po'.
Il negozio, o meglio la stamberga, dei miei ricordi consisteva in una stanzetta quadrata, così minuscola che il bancone era quasi attaccato alla porta d'ingresso; davanti a questa pendevano sette od otto stringhe metalliche scaccia-mosche che più che a scacciarle servivano, con il loro tintinnio, ad annunciare l'arrivo di un nuovo cliente.
Dietro il bancone sgangherato stava Alì (era il suo vero nome), con turbante e gellebia, il cui candore aveva conosciuto tempi migliori, attorniato da sacchi di iuta colmi di zucchero, caffè e tè, datteri, noccioline e spezie. Sulle pareti, appoggiate a scaffali dall'apparenza traballante, fatti di legno grezzo annerito dal tempo, c'erano - poche - le merci confezionate in pacchetti di varia dimensione: lamette da barba, cerini, gomme da masticare e sigarette. Le più simpatiche, ai miei occhi, erano le "Camel" per via del cammello color ocra, le più strane le "Lucky strike", anzi 'luchi striche', nome incomprensibile e davvero impronunciabile. C'erano anche confezioni minuscole e multicolori di shampoo, saponette sfuse, fili da ricamo e, appesi a grappolo, braccialetti di plastica coloratissimi, con disegni intricati e vivaci davanti a cui mi incantavo ogni volta. E, dovunque, le mosche, pigramente acciambellate sulle merci, intente a strofinarsi accuratamente le zampette.

Alì non chiudeva mai per ferie, così il suo negozietto era aperto tutti i giorni dalla mattina alla sera, ad eccezione di un breve intervallo tra le tredici e le quattordici e uno più lungo il venerdì, giorno di festa comandata per lui. Però, se capitava di doverci andare all'ora della chiusura pomeridiana, bastava bussare e lo spioncino sopra la serratura si apriva e compariva non Alì, ma la sua dolce metà. Già, perché Alì viveva nel retrobottega con la moglie e una nidiata di figli. Dopo essersi assicurata che a bussare non erano acquirenti di sesso maschile , la moglie di Alì apriva uno spiraglio, quel tanto che bastava per fare passare il cartoccio e io ne approfittavo per osservare quella giovane donna, generalmente nascosta dal velo nero, di cui, in quei brevi istanti, potevo ammirare i lineamenti delicati del viso dalla carnagione pallida e dagli occhi, immensi, sottolineati dal kohlì.

Dai miei genitori quel bugigattolo, che rappresentava l'antitesi delle più elementari norme di igiene, era stato marchiato "covo di microbi e di chissà quante altre malattie"; tant'è che mio padre, con tono severo, mi aveva proibito di mettervi piede. Con il senno di poi non potrei, onestamente, dargli torto, ma allora quanta fatica mi costava ubbidire! A volte, infatti, di nascosto s'intende, ci andavo ugualmente per acquistare le "bazooka", gomme da masticare di colore rosa, fantastiche per fare i palloncini, che si vendevano in quadratini ben confezionati. Era allora che, piccola spettatrice silenziosa, sospinta in un angoletto dai clienti adulti, ai quali di buon grado avevo dato la precedenza, mi divertivo ad osservare il gestore alle prese con gli acquirenti.
Destro di mano e di lingua, Alì confezionava dei cartocci perfetti a forma di cono rovesciato, arrotolando attorno al braccio, con un fluido movimento, la carta (ve la ricordate? era quella spessa, di qualità grossolana e grigiastra), mentre, con voce cantilenante e nasale, decantava la bontà sopraffina del prodotto che, nel frattempo, rapidissimo, aveva pesato e, detto-fatto, trasferito dentro il cono di carta. La rapidità della transazione subiva, però, una battuta di arresto con la clientela anziana che, diffidente, voleva analizzare da vicino zucchero o caffè che fosse. Alì non batteva ciglio, anzi, più sollecito che mai, acchiappava una manciata di "shikuor inglis", zucchero inglese, sinonimo di super-raffinato, che metteva sotto il naso del cliente presbite. Iniziava allora una scenetta degna di miglior pubblico. L'acquirente si mostrava scettico, anzi, nel segreto intento di costringere il venditore a tirare fuori il meglio, si fingeva quasi, quasi offeso e sbottava:" Izi zahada shikuor? Questo lo chiami zucchero bianco? Questo è zucchero scuro dei tempi di guerra!" Ma Alì, vecchio volpone, lo aspettava al varco e, fulmineo, produceva da sotto il bancone un misurino colmo di zucchero dal colore decisamente più scuro e dalla grana più grossa, rabbonendo, così, il cliente. La transazione si suggellava con l'aggiunta sulla bilancia di una manciata generosa di "shikuor" - "bakushish"- diceva sorridendo il Gebelì, mettendo in mostra i denti anneriti dal chat.

Che fine avrà fatto Alì? Dopo tanti anni, al mio ritorno ad Asmara, mi sono recata in quei paraggi, a mo' di nostalgico pellegrinaggio che si fa nella illusoria speranza di ritrovare, intatti come nei ricordi, volti e luoghi familiari.
Di Alì neanche l'ombra e al posto del suo bugigattolo ho trovato un negozietto dall'insegna fluorescente, lindo, ben fornito, illuminato a giorno dalla luce al neon. Che contrasto fra quella luce cruda ed abbagliante e la fioca lampadina a bassissimo voltaggio che Alì accendeva all'imbrunire e che, oscillando alla brezza serale, creava un gioco di luci e di ombre dalle profondità misteriose, proprio da caverna di Alì Baba'! Che dire poi dei profumi? Di quel caleidoscopio di aromi: zenzero, cumino, cannella, dell'odore penetrante del "tesmi" (il burro abissino) e di quello più tenue dell'incenso? Tutto svanito.
Uscendo pensierosa dal quel negozio ricordo di avere avuto un soprassalto di nostalgia per il bugigattolo oscuro e trasandato del Gebeli', se non altro perché possedeva quell'innegabile impronta di unicità e di colore folcloristico che il super-illuminato, super-lucidato, ma ahimè! tanto anonimo negozio moderno non possiederà mai.
Elvira Romano
(30 ottobre 2003)


LA MEMORIA ARRUFFATA
di Patrizia Capello

Un amico di Asmara mi dice: "Sai, c'è un sito di asmarini, cerca su internet "il Chichingiolo". Il Chichingiolo?! Perché proprio il chichingiolo? ... Lo ritenevo un mio "ricordo" personale … Il chichingiolo … quel cosino secco così … buono … proibito, perché mamma lo guardava con sospetto … Ricordo che un giorno riuscii a farmene portare uno zembil pieno e ne mangiai cosi tanti ma cosi tanti …! E stetti male, ma così male …! E fui felice … ma così felice …! E dunque cerco il Chichingiolo in internet, lo trovo, penso … mah i soliti nostalgici, chiudo, ma poi … riapro e … ricordi comuni, sensazioni comuni, sapori comuni. Ci si riconosce senza esserci conosciuti: ricordo nomi senza riuscire a collegarli a persone, ricordo luoghi di cui non so più i nomi, è come passare "dall'altra parte dello specchio", improvvisamente torna la "memoria arruffata" di un passato che era stato messo in quarantena, tenuto lontano, forse era solamente stato strappato via senza continuità con il presente. Guardare questi ricordi è un po' come guardare immagini che si riflettono sull'acqua: si fermano, si muovono, si spezzano si riformano … " Ricordo una "litigata" a carattere storico, 2° guerra mondiale, con Klaus Niederreiter: io difendevo l'operato di qualcuno lui quello di qualcun altro, chissà quanti anni avevamo, credo fossimo al Ghebi dell'Imperatore ad Asmara … Ricordo un paio di stivaloni rossi di gomma, con quelli aspettavo la pioggia, ad Asmara era una cosa rara, però quando succedeva si formavano delle pozzanghere così belle! Ed io ero riuscita a convincere mamma a lasciarmici sguazzare dentro! Ricordo a Gaggiret un carrettino di legno spinto da una bicicletta, "vendeva"due tipi di ghiaccioli: uno rossissimo, l'altro verdissimo … mai più trovati ghiaccioli così buoni! Ricordo, in prima o seconda elementare, Stefano Soligno che sedeva nel banco davanti al mio ... avevamo inventato un gioco che ci sembrava strabiliante, lui si girava e velocemente con il pennino bene intinto nell'inchiostro (vi ricordate il calamaio, i pennini ...) faceva una macchia sulla copertina plastificata del mio quaderno, io rapida pulivo la macchia e ... lui ne faceva un'altra, questo fin quando suor Lucia con una scoppola tra capo e collo di Stefano non interruppe il gioco ... le macchie erano belle tutte diverse! E poi …"le favole di mia figlia"… uno dei suoi nonni, una sera, durante un viaggio con il camion da Asmara ad Addis-Abeba, si fermò lungo la strada perché era ora di mangiare qualcosa, lui e il suo autista iniziarono a preparare la cena: fornelletto a petrolio, fanus per un po' di luce, la pentola e l'acqua per gli spaghetti … a spaghetti quasi cotti, un ruggito terrificante li fece schizzare nella cabina del camion e ... alla luce dei fari videro un enorme leone che ere venuto a trovarli e fece loro compagnia per molto tempo…addio spaghetti ... (la bimba è affascinata dal leone, io … dagli spaghetti) … oppure quella volta durante una "gita fuoriporta" il rumore della macchina che correva sulla pista infastidì un rinoceronte: che inseguì e infilzò l'auto … E la nonna che avvisava gli amici, che per la prima volta andavano a trovarla alla piantagione, di stare alla larga dalla "ruota di camion" che era vicino alla fontana non troppo lontano dalla casa, perché in realtà era … un grosso pitone che ogni tanto amava starsene lì! E …
(26/11/03)
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Cara Patrizia,
E ... Ci lasci così?
Ciao, il C.


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