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Le mani nel cassetto del Chichingiolo
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Guardando in un cassetto di un mobile posto in soffitta, Emilio ho trovato delle foto legate ad un periodo di lavoro trascorso in Sudan. Assieme alle foto vi erano alcuni suoi appunti relativi ad un viaggio fatto durante il periodo delle piogge. Rileggendo gli appunti e riguardando le foto ha rivissuto quei giorni e così ha deciso di mettere giù questo ricordo di un viaggio ...

 

 
UN RICORDO DI VIAGGIO
 


Da molte ore stavo viaggiando aggrappato alla sella. Ad ogni falcata del dromedario lo stomaco mi saliva in gola. Avrei fatto bene a seguire il consiglio di Hamza che, ad al Qadarif, prima di partire a bordo della Land Rover mi aveva messo in guardia sullo stato delle piste sudanesi durante il periodo delle piogge e delle difficoltà che avremmo dovuto affrontare.
Ora l'automezzo era impantanato nel black cotton soil fino alle portiere, in una zona tra Kashm -al-Qhirbah e Kassala e senza alcuna possibilità di rimuoverlo da quel terreno viscido e saponoso.
Il capo carovana Abu Yusif, che avevamo incontrato al termine del secondo giorno d'attesa, aveva acconsentito di farci viaggiare con lui e raggiungere così Kassala.
La carovana era composta da diciotto ibil (dromedari), parecchi carichi di sacchi di dura, due portavano l'orditura e le stuoie dei tipici ricoveri Hadendowa e quattro hangareb, due erano montati dalle mogli del capo carovana. Uno era stato dato a me ed Hamza, il mio autista.
Hamza era un tacruro, nato in Sudan da genitori nigeriani che, 40 anni prima, assieme a molti altri attraversarono l'Africa da ovest ad est, provenienti dalla Nigeria con lo scopo di recarsi alla Makkah ed adempiere così, almeno una volta nella vita, al dovere d'ogni buon musulmano - effettuare il pellegrinaggio canonico, hajj, visitare la città di Muhammad e venerare la Ka'aba e poi potersi fregiare del nome di hajji .
La carovana si mosse alle prime luci del mattino, dopo aver rivolto il ringraziamento a Dio ed aver ripetuto : as-salatu khairun mina 'n-nawm (pregare è meglio di dormire).
Le prime tre o quattro ore si percorsero a piedi, poi, a dorso di dromedario. Si procedette sino alle cinque del pomeriggio, quando Abu Yusif ordinò di fermarsi ed allestire il campo.
Le due donne, Khadija ed Abila, con grande abilità eressero i due ricoveri, mentre Abu Yusif alleggerì gli animali dal loro carico. Le ghirbe di pelle di capra contenenti l'acqua e la farina vennero poste tra le due tende, dove si accese il fuoco per preparare il cibo ed il caffè. Questo veniva fatto in una piccola anfora di terra cotta e allo zucchero Abila aggiungeva alcuni grani di pepe e di garofano. La bevanda che ne scaturiva, filtrata attraverso un batuffolo di fibre vegetali, risultava aromatica e deliziosa.
Verso le ore tredici del quarto giorno si profilarono all'orizzonte, in direzione nord-est , le montagne di Kassala e da quel momento ci fecero da punto di riferimento per il nostro cammino.


Le montagne di Kassala


Ragazzi sudanesi e la Mirghania

Sul terreno si potevano già vedere gli effetti benefici della pioggia; qua e là si notavano spruzzi di verde, le nuove piantine d'erba spuntavano dal suolo, ed in poche settimane avrebbero raggiunto l'altezza di un uomo. Sugli alberi d'ebano sudanese spuntavano le nuove foglie. Ora il terreno era completamente pianeggiante, rotto soltanto da grossi cespugli e da acacie ombrellifere.
Quel giorno Abu Yusif ci fece sostare solo per bere un po' di tè e nuovamente al tramonto, per le consuete preghiere.
Sulla terra venivano poste alcune piccole stuoie, sajjadatu as-salah e in direzione (qiblah) della Makkah si rivolgevano ad Allah e al suo nabi. Di solito la preghiera del tramonto, il maghrib, durava dieci minuti, ma quella sera fu più lunga, forse perché eravamo in vista della meta.
Inoltre, quella sera Abu Yusif si mostrò molto più loquace del solito e mi stupì per la profonda conoscenza che aveva della sua religione.
Mi parlò lungamente di al batul, Maria Immacolata, e di 'isa ibn maryam, Gesù. Proseguì enfatizzando l'importanza che avrà 'isa al-masih (Gesù Cristo) quando coinvolto negli avvenimenti che costituiranno la fine del nostro mondo.
Le due donne si erano appartate; Hamza ed io, assieme ad Abu Yusif eravamo seduti intorno al fuoco sorseggiando del buon caffè. Abu Yusif era sempre più preso dal suo racconto e proseguì parlandoci di un famoso hadith del profeta che si riferiva alla persona del Mahdi, all'apparizione del dajjial (l'impostore) il quale si presenterà con incise sulla fronte le tre lettere: ka - fa - ra , della presenza di Gog e Megog e del sorgere del sole ad occidente, eventi che indicheranno la fine del mondo e della discesa del Cristo sulla terra per la salvezza dell'uomo.
Quella notte l'hangareb sul quale mi sdraiai mi parve più comodo, però il sonno tardava a venire, ero particolarmente attratto dalla volta celeste, dalla sua immensità e l'Alfa Crux della Croce del Sud mi ricordava quando da ragazzo, con un vecchio binocolo militare l'avevo cercata nel cielo di Gaggiret, all'Asmara.
Ripensando ad Asmara mi venne alla mente il caro professore Maiorani che con grande capacità e pazienza ci aveva trasmesso l'amore per la lingua araba che ora, grazie a Lui, potevo usare quotidianamente. Chiusi gli occhi e immaginandolo seduto comodamente fi jannatu al-firdaws mi ritrovai a dire: Angelo, tayyaba allahu tharahu .
Le tondeggianti montagne della Mirgania, imponenti masse granitiche, allungavano le loro ombre su palmeti che coprono le sponde del fiume Gash. All'orizzonte il sole, simile ad una palla di fuoco, compiva la sua corsa giornaliera verso ponente, in un incendio folgorante dalle mille tonalità di rosso, arancione e violetto. Ad est il cielo era tranquillo, dipinto di colori tenui, mentre leggere nuvole facevano da contorno al tramonto sudanese.
Qua e là nella piana verso il Gash colonne di polvere si alzavano dritte verso il cielo confondendosi con le palme dum che delimitano il letto del fiume.
Il mua'zzin dall'alto del minara inondava l'aria tersa della sera con al-asr, la preghiera della sera, : la ilaha illa llah wa-anna muhammad rasulu llah, a ricordare ai fedeli il dover d'ogni credente islamico.
Poi calò il crepuscolo e venne la notte. Così, quasi per incanto la valle si animò di tanti punti rossi tremolanti; erano i fuochi dei pastori che sostavano con le loro mandrie sulle rive del fiume Gash, alimentato dal grande Tekeze-Setit dell'Abissinia. O dei carovanieri diretti a Tessenei, ad Aroma, o più lontano verso Port Sudan .
Era realmente uno spettacolo poter ammirare, alle prime luci dell'alba, i raggi del sole che si posavano sui fianchi del gebel Kassala composto di porfido granitico, il quale colpito dal sole emanava un bellissimo scintillio come venisse da mille e più mille piccolissimi specchi nascosti nella roccia.
Dalle zeribe degli hadendowa, costruite intorno al villaggio di Khatmia, provenivano i primi rumori dei pastori residenti che si preparavano ad affrontare il nuovo giorno e condurre il bestiame lungo le rive del fiume, alla ricerca di zone verdi, ricche di cibo; il piccolo pastore passava la sua giornata sotto i palmeti, vicino ai pozzi, protetto dal caldo insopportabile della pianura sudanese, e vedeva pascolare con i suoi capi, facoceri, gazzelle, babbuini, indifferenti alla presenza dell'uomo, di quell'uomo capace di essere una sola cosa con la natura che lo circonda.


Pastori sulla riva del Gash

Il villaggio di Khatmia, posto ai piedi del monte Kassala fu centro per l'introduzione in Sudan di una delle più importanti tariqa (confraternita) musulmane del paese, l'Idrisya o anche detta Ahmedya, cioè una setta di persone spinte dalla stessa fede, con lo scopo di praticare un rituale comune e diffonderlo per il bene dell'Islam.
L'Idrisya fu fondata da Ahmed Ibn Idris del Fez che fu maestro del fondatore del suddetto villaggio ed anche dei Sanussi libici.
Aggirando il gruppo di gebel Kassala, tenendo sulla destra il fiume, raggiungemmo una valletta cosparsa di grossi cespugli, rade palme dum e qualche acacia. Qui la natura ed il disgregamento della cresta montana avevano cosparso il terreno di enormi massi disponendoli, a volte, in modo strano, fantasioso, quasi a far pensare all'intervento della mano dell'uomo.
Due blocchi enormi di granito accostati, alti una ventina di metri si scambiavano un abbraccio millenario e certamente a testimonianza silenziosa di episodi geologici della storia di questo paese africano.


Gli amanti

Più ad occidente, al quadrivio delle carovaniere Aroma-Kassala/al Qadarif /Kassala Sabderat-Agordat si ergeva isolata, scolpita dalla natura in un immenso blocco monolitico di granito, una bellissima testa di pesce, quasi a voler dare al viaggiatore di passaggio il suo benvenuto.


Il tramonto


Il grande pesce di granito

Emilio


11 Novembre 2006
 

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